il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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338953 commenti | 64084 titoli | 25404 Location | 12610 Volti

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Location Zone

  • Film: Il Principe di Roma (2022)
  • Luogo del film: La strada dove Bartolomeo (Giallini) si imbatte nei festeggiamenti per l'istituzione della Repubblic
  • Luogo reale: Via Beato Angelico, Orvieto, Terni
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  • Film: Lasciami andare (2020)
  • Luogo del film: La calle dove Marco (Accorsi) blocca Gloria (Truppo) per chiederle spiegazioni sul "mistero"
  • Luogo reale: Calle de Mezo, Venezia, Venezia
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Marisa Natale

    Marisa Natale

  • Antonio Iodice

    Antonio Iodice

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Noodles
Film piuttosto forte sull'educazione non propriamente tenera ricevuta da un bambino russo all'indomani della Seconda Guerra Mondiale da una sorta di padre adottivo che si finge soldato. Il tema è interessante, ma il regista si perde in mille momenti di folklore russo abbastanza inutili e soprattutto sceglie un andamento lento e didascalico che bene non fa a un film fondamentalmente privo di grandi spunti di trama. Gli attori sono molto bravi e spesso azzeccate le location. Non è male ma risulta troppo compassato. Bello il finale. Si salva in corner per alcuni aspetti.
Commento di: Capannelle
Era lecito attendersi di più, visti il regista e il cast a disposizione. Sollima cerca varianti e personaggi interessanti e alla fine quelli che rendono di più sono Giannini e Servillo, mentre Favino è bravo ma forse esagerato in una caratterizzazione così spinta. Mastandrea marginale. Atmosfere tese e una vicenda non del tutto chiara, che crea tensione anche se non è troppo solida e si risolve in un finale che lascia più di un dubbio.
Commento di: Noodles
Film interessante sulla mafia siciliana del periodo fascista e del suo rapporto con alcuni personaggi della politica. Un prefetto veramente duro cerca di salvare il salvabile ma, si sa, eravamo in Italia. Un bel film che si concentra sulla figura del prefetto Mori e ne sviscera tutte le emozioni e sensazioni, relegando gli altri a ruolo di comprimari (il fedele Satta Flores però supera tutti, mentre la popolana Cardinale annoia dopo pochi minuti). Oltre che per l'ottima fotografia, il film si segnala anche come quello in cui Giuliano Gemma dà forse la sua prova attoriale migliore.
Commento di: Fauno
Col titolo da spy-movie a risvolti fantascientifici, questo film affronta invece il punto dolente ben reale della tratta delle bianche e con fiumi di violenza, pur se in panfili dorati e ville miliardarie. Si è spesso parlato di harem sultaneschi nella fantasia popolare, ma qui si parla di vomitevoli industriali europei pronti perfino a fare sesso fuori dai confini nazionali se la malcapitata è minorenne. Come torture non ha niente da invidiare ai documentari di Lizzani e una scena pare perfino anticipare di 36 anni Hannibal Lechter. In effetti il risveglio non sarà da meno.
Commento di: 124c
Due giocatori di tennis s'invaghiscono di una loro collega, costretta poi ad abbandonare l'attività a causa di un infortunio. Quel che conta non è chi, fra i due, si sposerà la ragazza, né tantomeno la lunga partita fra i due amici/rivali, inframmezzata da lunghi flashback, perché Zendaya si fa da parte per lasciar spazio ai due partner, a cui il regista Luca Guadagnino dedica sequenze di nudo, persino in sauna e negli spogliatoi, oltre che a letto. Furbo film, nel quale lo sport risulta marginale e pure il sudore maschile ha un suo perché. Troppi ralenti, ma okay.
Commento di: Nicola81
Il tema portante è quello solito della vendetta, ma Lenzi (che il western lo frequentò solo marginalmente) insaporisce la pietanza con slanci visionari (la fuga dei pazzi dalla prigione) e una propensione per l'intrigo e il colpo di scena che sarà alla base di molto suo cinema successivo. Pur essendo un testimone di Geova, Lawrence non si fa troppi scrupoli ad ammazzare; meglio Ireland ambiguo predicatore e Lulli feroce capobanda. Entro i suoi limiti (perché i banditi non ammazzano il protagonista quando potrebbero?), un intrattenimento più che onesto. Buone le musiche di Lavagnino.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Uno di quei film che vive di contrasti, del confronto tra due culture completamente differenti: da una parte il giovane scrittore newyorchese che sfrutta le opportunità che il progresso gli offre analizzando il periodo storico e scrivendo per un podcast di grande successo, dall'altra la comunità texana di un piccolo paese, per molti versi retrograda, imprevedibile, spiritualmente povera. Come vengono in contatto? E' presto detto: Abilene (Tipton), un'appartenente della seconda, viene trovata morta dopo una festa locale e Ty (Holbrook), il fratello di questa, chiama al...Leggi tutto telefono il primo, Ben Manalowitz (Novak, anche regista e sceneggiatore unico del film), avvertendolo.

Ben aveva avuto una brevissima storia con Abilene qualche tempo prima e naturalmente si stupisce della chiamata, soprattutto perché il fratello di lei lo tratta come se fosse stato il fidanzato di una vita. L'impeto del ragazzo è però tale che Ben accetta di raggiungere lui e la sua famiglia in Texas per i funerali, approfittandone per registrare nel frattempo l'avventura con l'intenzione di caricarla sul podcast per cui lavora. Fin dall'arrivo in loco, tuttavia, entra in una sorta di dimensione surreale in cui la famiglia di Abilene lo saluta come il partner di Abilene e lo accoglie con tutti gli onori del caso.

Ben viene a sapere che Ty è certo che sua sorella non sia morta per overdose, come dicono, ma sia stata uccisa. Quando però suggerisce al giovane di andare alla polizia per chiarire le cose, questi gli spiega che in Texas non funziona così: il problema si risolve uccidendo il responsabile. Per quanto inevitabilmente in disaccordo sulla soluzione da prendere, Ben comincia quindi a indagare sul presunto omicidio di Abilene, scoprendo nel contempo un mondo in cui le risposte non sono quasi mai quelle che ci si aspetta ed è su questo che costruisce il suo film Manalowitz: su dialoghi che in più occasioni si trasformano in monologhi che partono per la tangente e si incartano in concetti di filosofia primordiale espressi con una naturalezza imprevedibile; su comportamenti apparentemente illogici che seguono invece un loro percorso inserito in un quadro più ampio che coinvolge il modus vivendi di chiunque, sul posto.

Non ci si può insomma stupire, se anche le forze dell'ordine reagiscono alla denuncia di Ben cercando di ricondurre tutto a una prassi comune: la ragazza è stata trovata morta non alla festa ma al cosiddetto "afterparty" nei pressi, dove un gran numero di tossicodipendenti chiude la propria esistenza. L'amica di Ben che gestisce il podcast - presenza marginale ma costante - è entusiasta e loda la straordinaria naturalezza del materiale raccolto, indirettamente portando l'autore del film stesso ad autocelebrarsi.

La famiglia della vittima è composta da personaggi bizzarri in linea con chi ha il compito di caratterizzare in un preciso senso un'opera le cui ambizioni si notano fin dalle prime scene, comprensive di un lungo dialogo tra Ben e un amico sulle potenzialità del progresso tecnologico: frasi e concetti ricercati ma vacui, che sembrano perdersi in un oceano di parole messe in fila senza una vera direzione. Sarà un po' il difetto del film, che tuttavia sa come sorprendere, stupire e intrigare.

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Avrebbe dovuto essere il pilot di una serie, ma così non è stato. Rimane un film tv che propone Bud Spencer nel ruolo di un prete sui generis (ovviamente) che si ritrova a Crotone a indagare sullo strano caso di un giovane condannato per aver ucciso un benzinaio. Don Carlo Vasari (Spencer) viene da fuori, è lì solo per sostituire temporaneamente Padre Cesco (Moretti) soprattutto nella sua attività di prete all’interno di un carcere minorile. Al suo posto avrebbe dovuto esserci Padre Leonardo (Messeri), a dire il vero, ma questi chiede a Vasari un favore...Leggi tutto perché in quel momento ha assoluta necessità di stare vicino ai suoi ragazzi.

L’omone accetta e subito entra in contatto con un mondo – in carcere – in cui le tensioni non mancano, le risse si sprecano e il detenuto più carismatico, Vincenzo Torrisi (Sandro), fa il buono e il cattivo tempo. Nino Carbone (Cascio), così timido, sembra fuori posto, in mezzo a gente simile. Dentro per scontare molti anni di pena per l’omicidio del citato benzinaio, viene accusato in quei giorni di aver ucciso pure un altro ragazzo, nelle docce. Padre Vasari, benché Nino sembri refrattario a ogni aiuto, vorrebbe aiutarlo. Ha capito che non è lui il colpevole e che anzi, ad essere coinvolto in tutta quella violenza dev’essere Vincenzo, poco dopo rilasciato per “buona condotta”. Ad aiutare quest’ultimo è il fratellastro, Aldo (Riotta), il boss locale, che oltretutto aveva avuto una relazione e pure un figlio con Maddalena (Lainati), la sorella di Nino.

Un intreccio che – per la quantità di personaggi secondari che intervengono - si capisce come avrebbe potuto facilmente originare una serie; anche per il passato piuttosto oscuro e turbolento di Padre Vasari, riassunto durante veloci flashback in bianco e nero nei quali si vedono cariche della polizia e poco altro. Le indagini seguono standard piuttosto tradizionali: il prete interroga l’unico testimone dell’omicidio del benzinaio, provoca il bulletto Vincenzo, scampa ad agguati diurni in pieno centro città, cerca di coinvolgere una polizia riluttante, guidata da un commissario (Triestino) che almeno inizialmente non pare vederlo per nulla di buon occhio.

Bud Spencer, che in piena presa diretta sentiamo recitare con la sua voce (non certo squillante come quella straordinaria del suo doppiatore storico, Glauco Onorato), a 73 anni ancora conserva parte del suo grande carisma e – anche se non mena le mani (o quasi) per sopraggiunti limiti di età – comunque sa come farsi rispettare. La regia di Deodato non brilla come in altre occasioni ma permette di non annoiarsi troppo a fronte di una storia che non evidenzia gran qualità né riesce ad essere originale in nulla, chiusa peraltro molto sbrigativamente. L’indagine poco ha di interessante e l’entrata in scena della Lainati non aggiunge nulla di più che un altro flashback in bianco e nero con lei, Cascio e Riotta, mentre Infanti si ritaglia giusto un cameo quando Riotta lo raggiunge nella sua splendida villa in campagna. Ottimo Riotta come mafioso (o ‘ndranghetista, considerata l’ambientazione calabrese), figura da noir di serie superiore.

Un filmtv decente che conserva qualcosa della commedia non solo nella performance di Spencer ma anche – ad esempio – in quella di Mauro Ursella nei panni dell’aiutante di chiesa (forse il personaggio più centrato, tra i secondari). La presa diretta assai modesta penalizza soprattutto Spencer (alcuni dialoghi sono al limite dell’inudibile), che canta pure due brani in napoletano a dire il vero un po’ scarsi (sui titoli di testa il primo, in carcere assieme ai giovani detenuti il secondo).

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Evidentemente attratto dall'idea di caricare di spettacolarità lo sport più di tendenza in Italia in questo preciso momento storico (grazie al fenomeno Sinner) sfruttando un bagaglio tecnico sicuramente invidiabile, Guadagnino lascia molto spazio alle sequenze sui campi da tennis mostrando palline che puntano velocissime verso la cinepresa, primi piani su braccia, gambe, racchette, sudore che scende sui volti, movimenti magari imperfetti ma scenografici, riprese impossibili dal basso… E alza la tensione con una colonna sonora impreziosita da un tema ossessivo e incalzante...Leggi tutto che azzecca il clima ideale per mantenere una suspense da legarsi sia all’evoluzione imprevedibile del rapporto sentimentale che al match cardine. Perché la sceneggiatura di Justin Kuritzkes è studiata apposta: frantuma la storia ambientandola in età diverse che - come impone certo cinema di oggi - si distribuiscono lungo l'arco del film in modo da poter svelare i momenti chiave solo al momento giusto, in un secondo tempo durante il quale la vicenda si ricomporrà passo dopo passo.

Il trio potagonista è composto da due amici e una splendida, conturbante tennista destinata fin da subito a farli impazzire: è Tashi (Zendaya), un futuro luminoso di fronte a sé che però capiamo essere stato interrotto da qualcosa che l'ha portata a diventare più modestamente la moglie e manager di Art Donaldson (Faist), uno dei due tennisti che fin dall'inizio se la contendono. L'altro è Patrick Zweig (O'Connor), dei due quello dall'aria meno ingenua e privo del talento del primo. Pur tuttavia i due li vediamo quasi già dall'inizio fronteggiarsi durante la finale del torneo Challenger che dà il titolo al film (i Challenger sono tornei Atp meno rilevanti di quelli del circuito principale, solitamente frequentati da atleti “minori” o, se importanti, che hanno bisogno – come in questo caso - di ritrovare fiducia prima di rituffarsi nei tornei maggiori).

Non sappiamo ancora, naturalmente, chi vincerà la partita che fa da punto di arrivo di tutti i diversi segmenti temporali; nel frattempo seguiamo l'intreccio sentimentale che lega i tre protagonisti: da quando Tashi si prende gioco dei due ragazzi provocandoli fino a quando la maturità la porterà a scelte dettate da mille ragioni che andranno indagate. Sono le fasi più accessibili al pubblico generalista perché quelle relative ai match potrebbero risultarlo meno, per chi ha scarsa confidenza con uno sport in cui regole e punteggi non sono proprio intuitivi. L'attenzione è comunque volta alla resa dell'agonismo, piuttosto che alla sfida punto su punto.

Zendaya è sexy e sbarazzina quanto basta, ma l'attrazione che prova per entrambi i tennisti appare sufficientemene autentica, così come la sua grinta. Faist e O'Connor vengono al contrario disegnati con tratti da bambinoni, per quanto si rivelino poi incisivi quanto basta. Guadagnino da par suo ci mette lo stile, quello che più di ogni altra cosa caratterizza il film attraverso tecnicismi talvolta virtuosi (per quanto il finale stiracchiato fino allo spasimo lasci per mille ragioni più di un dubbio) e scelte d'effetto nella messa in scena. Sconta una certa superficialità nella descrizione delle tensioni amorose dando spesso l’idea di un giocattolo divertente e poco di più, un vortice in cui lasciarsi trasportare per assaporare un tennis restituito in modo immersivo, teso, stordente, ben diverso da quello che si vede in televisione; e che tutto sommato ben si amalgama al racconto di una relazione “a tre” affrontata dal regista con le sue armi tipiche. Non lascia molto ma sa coinvolgere.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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